DON GIUSEPPE CASTELLI, L’UOMO DELLA “PRIMA ORA” |
Dalla missione in Brasile nel 1964 all’avvio della parrocchia della Besurica nel 1975 ai pellegrinaggi a Medjogorje subito dopo le apparizioni. Una fede sempre in movimento.
Don Antonio Tagliaferri, il sacerdote fondatore della SS. Trinità, la popolosa parrocchia di via Manfredi a Piacenza, lo diceva scherzando: “In quale emisfero si trova attualmente don Giuseppe?”. Si erano conosciuti bene quando don Castelli, nato a Piozzano nel ’35 era approdato giovanissimo nel ’59 alla SS. Trinità. Era un giovane scalpitante, dal carattere sanguigno; un giorno era riuscito addirittura ad entrare al circuito di Monza per provare una nuova moto. A muoverlo era una sorta di carica interiore che, unita alla fede, l’ha portato in periodi diversi della sua vita ad essere l’uomo della “prima ora”. Ora se n’è andato - si dice così - a 85 anni, nel giorno del suo santo protettore, San Giuseppe, nella casa di famiglia a Piozzano. L’augurio per tutti è che tanti sacerdoti, religiosi e laici – possano raccogliere il suo testimone con la sua capacità di buttarsi e di rischiare nelle scelte della vita.
Da Genova al Brasile Nel ’64, a Concilio ancora aperto, il 5 agosto salpa da Genova, destinazione la parrocchia di Ourem, 2mila abitanti, nella prelazia del Guamà, nel nord est brasiliano, guidata da un vescovo barnabita, il piacentino Eliseo Coroli. Ma è il Concilio che si apre a ottobre a dare un’accelerazione al movimento missionario. Il vescovo Malchiodi a Roma conosce pastori di ogni parte del mondo; fra questi, rivede mons. Coroli che nel gennaio ’64 incontra a Piacenza l’Azione Cattolica e molte parrocchie. Il 31 gennaio la diocesi si mobilita. Ad aprire il percorso, un’ora di adorazione di tutti i dirigenti di AC a Palazzo Fogliani. La raccolta di aiuti in Quaresima supera il successo dell’Operazione Kisinga; questa volta i milioni sono 11.
Un cavallo per don Giuseppe Don Castelli non sta più nella pelle. Si congeda dalla SS. Trinità e si prepara alla partenza con un corso specifico che si conclude con l’udienza da Paolo VI. Don Tagliaferri non lo lascia solo. Porta un cavallo fuori dalla chiesa, in costruzione in quegli anni, con la scritta: “Doniamo un cavallo a don Giuseppe”. La risposta è di quelle incoraggianti, tanto che da Oltre Oceano giunge un biglietto: “Vi avevo chiesto un cavallo, mi avete dato una scuderia”.
L’impresa Besurica Davide Maloberti
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